La quaestio juris affrontata dalla Cassazione (ordinanza n. 24 settembre 2018, n. 22499 ) concerne l’affermazione del principio secondo cui i controlli periodici di funzionamento e taratura dell’autovelox, così come l’omologazione, costituiscono condizioni imprescindibili affinchè gli accertamenti tramite dette apparecchiature possano acquistare efficacia probatoria privilegiata ai sensi dell’art. 142 D.Lgs. n. 285 del 1992.

Il caso

Il proprietario di un veicolo sanzionato ai sensi del D.Lgs. n. 285 del 1992art. 142, comma 9, per violazione dei limiti di velocità, propone opposizione lamentando che l’apparecchiatura di rilevazione della velocità non era stata tarata e non era stata sottoposta a controllo periodico di regolare funzionamento.

Il tribunale adito in fase di appello, accoglie l’impugnazione annullando la sanzione, sostenendo che le apparecchiature che rilevano la velocità in automatico, senza la presenza degli operatori, devono essere sottoposte a controllo periodico di regolare funzionamento entro un anno dal loro utilizzo e che, non essendovi prova di tale verifica periodica, la sanzione doveva ritenersi irrogata illegittimamente.

La soluzione

Il ricorso proposto dal Ministero dell’Interno avverso la sentenza del giudice d’appello viene giudicato infondato, atteso che tutti gli autovelox devono essere periodicamente tarati e verificati nel loro funzionamento e l’effettuazione di tali controlli deve essere dimostrata o attestata con certificazioni di omologazione e conformità e non può essere provata con altri mezzi.

La sentenza impugnata, avendo ritenuto indimostrata l’effettuazione della taratura o dei controlli periodici entro un anno dalla loro utilizzazione, ha correttamente annullato la sanzione, posto che ai fini della legittimità della sanzione, è necessario che detti controlli siano stati effettuati a prescindere dal fatto che l’apparecchiatura operi in presenza di operatori, in automatico senza la presenza degli operatori o sia munita di sistema di autodiagnosi.

Osservazioni e precedenti giurisprudenziali

La giurisprudenza di legittimità (Cass., ord., 7 agosto 2014, n. 17766) ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art.45 D.Lgs. n. 285 del 1992, nel punto in cui non prevedeva che le apparecchiature di accertamento della violazione dei limiti di velocità dovessero essere sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e taratura, rilevando la sussistenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale, assurto al rango di diritto vivente, che nell’escludere, in siffatte ipotesi, l’applicabilità della L. 11 agosto 1991, n. 273 relativa al sistema nazionale di taratura, si poneva potenzialmente in contrasto con il principio di ragionevolezza, data l’irripetibilità delle rilevazioni effettuate.

Più specificamente veniva sollevata questione se, in generale ed anche alla luce di quanto già affermato dalla stessa Corte costituzionale (Corte cost. 13 luglio 2007, n. 277 ed Corte cost., 17 dicembre 2008, n. 423), alle apparecchiature utilizzate per il rilevamento della velocità, come quella nella fattispecie, era o meno applicabile la L. 11 agosto 1991, n. 273, nonchè il decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Dipartimento per i Trasporti Terrestri, Direttore Generale Motorizzazione n. 1123 del 16 maggio 2005 e la nota 27 settembre 2000, n. 6050 del Ministero dei lavori pubblici, Ispettorato Generale per la circolazione e la sicurezza stradale e, quindi, se per la validità dell’accertamento della velocità, data la sua irripetibilità, era necessario o meno che lo strumento di rilevazione della velocità deve essere sottoposto a taratura periodica.

La Consulta (Corte cost. 18 giugno 2015, n. 113), ha dichiarato incostituzionale l’art. 4, comma 6, D.Lgs. n. 285/1992, nella parte in cui non prevedeva che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento della violazione dei limiti di velocità dovessero essere sottoposte alle predette verifiche periodiche, osservando che – sia con riferimento a sistemi a funzionamento automatico e con tecniche di autodiagnosi, che con riguardo agli apparecchi utilizzati con la presenza di operatori – la mancanza di dette verifiche è suscettibile di pregiudicarne l’affidabilità a prescindere dalle modalità di impiego, poichè qualsiasi strumento di misura, specie se elettronico, e gli stessi sistemi di autodiagnosi sono soggetti a variazioni delle loro caratteristiche e quindi a variazioni dei valori misurati, dovute ad invecchiamento delle componenti e ad eventi accidentali capaci di comprometterne l’affidabilità, con potenziale compromissione anche della fede pubblica che si ripone in un settore di significativa rilevanza sociale, quale quello della sicurezza stradale, concludendo che un controllo di conformità alle prescrizioni tecniche ha senso solo se esteso all’intero arco temporale di utilizzazione degli strumenti di misura, poichè la finalità dello stesso è strettamente diretta a garantire che il funzionamento e la precisione nelle misurazioni siano contestuali al momento in cui la velocità viene rilevata, momento che potrebbe essere distanziato in modo significativo dalla data di omologazione e di taratura.

Sulla scorta di tale principio, ne consegue che tutti gli autovelox devono essere periodicamente tarati e verificati nel loro funzionamento e l’effettuazione di tali controlli deve essere dimostrata o attestata con certificazioni di omologazione e conformità e non può essere provata con altri mezzi (Cass. sez. II, 11 maggio 2016, n. 9645), atteso che in caso di contestazioni circa l’affidabilità dell’apparecchio il giudice è tenuto ad accertare se lo stesso apparecchio è stato o non sottoposto alle verifiche di funzionalità e taratura (Cass. sez. VI, 11 gennaio 2018, n. 533).

In particolare, nella citata pronuncia del Giudice delle leggi (n. 113 del 2015), si evidenzia la stretta correlazione che intercorre tra la previsione del D.Lgs. n. 285 del 1992art. 45, e l’art. 142 C.d.S., che attribuisce alle risultanze delle rilevazioni della velocità tramite apparecchiature elettroniche il valore di piena prova delle violazioni, in un’ottica volta a realizzare un corretto bilanciamento tra la tutela della sicurezza stradale assicurata anche dall’accertamento delle violazioni e l’irrogazione delle sanzioni, e le situazioni soggettive dei soggetti sottoposti alle verifiche, i quali, in sede di opposizione al verbale di contestazione, sono, di norma, gravati della prova del cattivo funzionamento dell’apparecchiatura.

Infatti, premesso che quanto alla preventiva omologazione dell’apparecchiatura da parte del Ministero dei lavori pubblici, essa ha ad oggetto esclusivamente il tipo di strumento, non essendo necessario che ogni singolo strumento rilevatore sia sottoposto a distinta e specifica omologazione ministeriale (Cass. sez. I, 5 luglio 2006, n. 15324, in Arch. circol. e sinistri, 2007, ed in particolare Cass. sez. I, 12 luglio 2001, n. 9441, in cui si è precisato che l’efficacia probatoria dello strumento rivelatore di velocità si presume, in base al generale principio di presunzione di legittimità dell’atto amministrativo, fino a quando, con riferimento al caso specifico, siano dimostrati, dall’opponente, inconvenienti che ostino al regolare funzionamento dello strumento stesso) a mente dell’art. 2700 c.c., il verbale di accertamento dell’infrazione – ancorchè redatto mediante modulo prestampato in talune parti – fa piena prova, fino a querela di falso, dell’effettuazione dagli anzidetto rilievi, mentre le risultanze dei rilievi stessi valgono fino a prova contraria, che può essere data dall’opponente in base alla dimostrazione del difetto di funzionamento degli strumenti elettronici in parola, da fornire sulla base delle concreta circostanze di fatto (Cass. sez. II, 26 aprile 2005, n. 8675Cass. sez. II, 20 aprile 2005, n. 8232).

Il Giudice costituzionale ha infatti osservato come tale onere probatorio trova giuridico fondamento nella presunzione riferita all’affidabilità del mezzo tecnico impiegato, che consente di non ritenere pregiudicati oltre un limite ragionevole la certezza della rilevazione e dei sottesi rapporti giuridici ed i diritti di difesa del soggetto sanzionato (cfr. Corte cost. 18 giugno 2015, n. 113, par. 6.2.), donde, le rilevazioni della velocità mediante apparecchiature elettroniche possono assumere efficacia probatoria privilegiata soltanto se ne sia attestato il corretto funzionamento e quindi anche la taratura ed il controllo periodico.

Ciò spiega quindi perché per effetto della pronuncia additiva del giudice delle leggi, a detti principi la giurisprudenza di legittimità ha inteso dare la giusta continuità, con la precisazione che attualmente anche i controlli periodici di funzionamento e taratura, così come l’omologazione, costituiscono condizioni imprescindibili affinchè gli accertamenti tramite le dette apparecchiature possano acquistare efficacia probatoria privilegiata ai sensi dell’art. 142, D.Lgs. n. 285/1992, a nulla rilevando di per sé la semplice mancata indicazione nel verbale di accertamento delle caratteristiche dell’apparecchiatura di rilevazione utilizzata e della sua corrispondenza al tipo omologato che non comportano l’invalidità dell’accertamento ma unicamente l’assolvimento da parte della p.a. dell’onere di integrare la documentazione sul punto, al fine di rendere inoppugnabile la rilevazione (Cass. sez. II, 15 giugno 2007, n. 14040, in Arch. giur. circol. e sinistri, 2007, 1149).

Tale principio è stato recentemente affermato in altra pronuncia di legittimità secondo cui, in materia di violazione delle norme del codice della strada relative ai limiti di velocità, l’efficacia probatoria dello strumento rivelatore del superamento di tali limiti (autovelox) opera fino a quando sia accertato, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionamento del dispositivo elettronico, trattandosi di un principio che ovviamente, per effetto dell’intervenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale di cui si è detto, deve oggi essere integrato con la previsione che l’apparecchiatura utilizzata sia omologata e sottoposta alle verifiche periodiche. Pertanto, in presenza di un certificato di taratura, del quale non sia contestata la provenienza da soggetto abilitato all’adempimento, non è dato al giudice di merito di spingere il proprio esame sino alla verifica delle modalità con le quali la stessa taratura è stata effettuata (Cass. sez. VI, 12 luglio 2018, n. 18354).

In conclusione, la pretesa per cui le apparecchiature elettroniche omologate non devono essere sottoposte ai controlli previsti dalla L. n. 273/1991 istitutiva del sistema nazionale di taratura non è più sostenibile per effetto della detta decisione della Consulta, dovendo ritenersi affermato il principio che tutte la apparecchiature di misurazione della velocità – che è elemento valutabile è misurabile – devono essere periodicamente tarate e verificate nel loro corretto funzionamento, che non può essere dimostrato od attestato con altri mezzi, quali le certificazioni di omologazione e conformità (Cass. sez. II, 14 dicembre 2015, n. 25126).

Esito della domanda:

Rigetto.

Normativa di riferimento:

Art. 45 Codice della strada

Art. 142 Codice della strada

Cassazione civile, sez. II, ordinanza 24 settembre 2018, n. 22499

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